Report 2° incontro

XXII CORSO RESIDENZIALE DI PSICOPATOLOGIA FENOMENOLOGICA “ARNALDO BALLERINI”

2023

Si è tenuto a Figline Valdarno il secondo incontro del corso della Società Italiana per la Psicopatologia Fenomenologica, dedicato alla “Fenomenologia della sofferenza giovanile”.

Ha aperto la prima giornata Riccardo Dalle Luche, direttore della Struttura Complessa Salute Mentale Adulti di Pistoia, uno dei soci fondatori della Società. Nella sua relazione su “La fenomenologia degli esordi e l’indeterminatezza diagnostica”, Dalle Luche è partito dalla vicenda storica che ha dato origine al concetto di schizofrenia, segnalando la centralità del concetto di ebefrenia di Hecker. Sulla base di una serrata critica alla rigidità delle visioni diagnostiche categoriali, Dalle Luche ha valorizzato la fluidità delle presentazioni dei fenomeni psicopatologici, in particolare nel caso della psicopatologia degli adolescenti. In quest’ottica, la psicopatologia dei nativi digitali è stata descritta come una matrice fluida, staminale/indifferenziata, in continuo mutamento, fortemente sensibile sia agli interventi terapeutici, sia alle dinamiche relazionali.

A seguire, lo psicologo napoletano Marco Di Cangio ha presentato una relazione su “La costituzione della presenza online”, introducendo internet come la terza rivoluzione antropologica, dopo quella agricola e quella industriale. Dal punto di vista antropologico, in ognuna di queste rivoluzioni si è modificato il modo di gestire lo spazio e il tempo. Nella rivoluzione industriale tempo e spazio si sono accorciati in una generale velocizzazione; con internet si sono contratti fino ad annullarsi, consentendo alla presenza online di essere ovunque e nello stesso tempo. Ma in quale modo? Qui Di Cangio ha introdotto il concetto di Schizoempiria, ovvero di scissione dell’esperienza, nel senso che nella relazione online si scinde la mente, che entra in relazione, dal corpo che non vi entra. E rispetto al corpo, mentre la relazione con il proprio corpo si mantiene, non si dà il corpo dell’altro (e correlativamente noi non offriamo il nostro corpo all’altro). Di Cangio sottolinea il concetto di feritoia, ovvero di uno scorcio dal quale si può guardare senza necessariamente esporsi. Eppure, queste scissioni non sono viste come un deficit, ma come un modo diverso di entrare in relazione, da cogliere sospendendo i pregiudizi. In questo senso la relazione si costituisce anche online, e le relazioni online non sostituiscono ma affiancano le altre, rendendo possibile un arricchimento di mondo.

La seconda giornata è iniziata con la relazione di Antonio Piotti, filosofo e psicoterapeuta della Fondazione il Minotauro di Milano, sul tema degli “Hikikomori, adolescenti che si nascondono”. La relazione, intrisa di una ricca esperienza sul campo, è partita dalle prime osservazioni di hikikomori in Italia, che erano tipicamente adolescenti maschi senza disturbi cognitivi o sintomi psicotici, nei quali il ritiro sociale è il fenomeno primario e ruota spesso attorno alla sensazione di sentirsi goffi e inadeguati di fronte allo sguardo dei compagni. Il corpo e la vergogna sono centrali, e il ritiro con la chiusura in casa rendono il forte utilizzo della rete un fenomeno derivato, una protezione che consente di mantenere una socialità senza mettere in gioco il corpo. Dunque, non la rete come attrattore e causa del ritiro, ma al contrario come risorsa a cui attingere per mantenere un minimo di socialità, e a volte anche occasione di crescita. Rispetto a questo, si è poi sottolineata la differenza con le nuove forme di ritiro, quelle successive alla pandemia, che riguardano più spesso le ragazze e che appare come un ritiro secondario. Infatti, la problematica appare qui più depressiva, con una forte angoscia a riaprirsi al mondo, con sintomi di varia natura, tra cui spesso quelli del comportamento alimentare.

Hanno chiuso la giornata Franca Madioni e Aitziben Lopez de Lacalle, psicanaliste di Ginevra, che hanno portato una relazione su “Tempo, spazio e assetto psicoterapico nel disagio giovanile”. Riflettendo sull’impatto della pandemia, è stato segnalato come vi sia stata una rottura netta rispetto alla dinamica espansiva, ascensionale, quasi maniacale, che caratterizzava il mondo dell’ipermodernità antecedente la pandemia. Essa ha riportato le persone al contatto più “depressivo” con il radicamento verso la terra, e questa esperienza non può essere semplicemente negata con il finire delle restrizioni e dell’emergenza. Si è fatto notare come la fenomenologia permetta di disarticolare lo spazio e il tempo, e se lo spazio nel setting terapeutico deve diventare flessibile per adattarsi alle nuove esigenze che nascono dal piano del reale, dall’altro lato il tempo, nella sua dimensione più astratta e trascendente, consente di articolare le interpretazioni per far emergere il “fantasmatico” in una relazione di confidenzialità e fiducia.

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